sabato 15 agosto 2009

Milano-Nairobi: il lungo sonno

Il mio addio al consumismo lo do con un pranzo a base di patatine fritte e ketchup, Coca Cola e Mc Royal Deluxe ovviamente da Mc Donald's, in pieno stile frenetico occidentale.
All'aeroporto di Malpensa forse c'è più fila qui alle casse, che ai check-in...
A nulla sono valsi i lavaggi del cervello del buon Robert che per anni mi ha inculcato la genesi di un hamburger del Mac fino a farmi fare incubi che tra le due fette di pane vedevano topi cadaveri: dopo anni di attenta evasione dal simbolo del fast food per eccellenza ci casco ora, che dovrei già essere con la testa nel mondo di rinunce e sacrificio (così me lo immagino ma verrò presto smentita) del volontario in Kenya.
A tutto questo mi sono ridicolosamente preparata con uno zaino pieno di: salviette detergenti, rimedi naturali e non per qualsiasi tipo di malessere fino al magico spray protezione solare totale per la cute del capello... pareva superfluo, ma poi...
Con lo zaino minimal ma rivelatosi una borsa di Mary Poppins più tardi, non si può certo dire che il mio sia un salto nella vita spartana kenyota che immagino mi attenda, un tuffo nella sorpresa a 360 gradi, senza precauzioni.
Si parte preparati: tra consultazioni con amici/conoscenti che di esperienze analoghe ne hanno già fatte e hanno sempre la chicca per te che sei un iniziato, ricerche su internet che per la maggior parte delle volte finiscono nei forum di gente che s'improvvisa esperta e, last but not least, il rito delle vaccinazioni che inizia dal medico di base con un'antitetanica - fatta ancora sulla chiappa come quando avevo 8 anni, il vestito sollevato e gli slip leggermente abbassati quando mi dicono, che no! ormai da tempi immemori si fa solo sul braccio, il che mi fa dubitare della professionalità del mio medico curante, - e finisce in una corsia dell'ospedale Amedeo di Savoia di Torino, con 4 buchi sugli avambracci e un arto praticamente fuori uso per 24 ore.
Tralascio tutta la trafila profilassi antimalarica, che a mio rischio e pericolo ho ben pensato di fare 'alternativamente' con tutto quello che questo termine può implicare.
Imbarco il bagaglio e attendo: il volo è stato posticipato di un'ora e con questa in più, le ore di attesa si fanno 4 e per un'anima irrequieta e un po' spaventata tutto questo può trasformarsi in un consumo eccessivo di sigarette, un andirivieni dai bagni poco naturale e in shopping compulsivo che per mia fortuna si è limitato a gomme da masticare, tabacco, cartine e filtri ognuno acquistato a tappe presso un tabacchino diverso.
Per mia fortuna, è mia abitudine salire su di un aereo e cadere in uno stato profondo di coma, più o meno incosciente e disturbato di tanto in tanto solo dalla posizione scomoda: mi sveglia l'hostess che annuncia l'inizio della discesa al Cairo. Le luci della città diventano via via più nitide sotto di noi e la città si fa bella, tanto da invogliarti a fare uno stop notturno per lasciarsi abbagliare dai neon. Nel cielo, uno spicchio di luna talmente luminoso da sembrare ritagliato con la massima precisione da un telo nero dietro il quale punta un faro accecante. Una mezzaluna, che per me che faccio il mio primo ingresso nel mondo dell'Islam - seppure moderato - sembra il benvenuto più perfetto.
Il tempo di saltare da un gate all'altro e sono già sul volo successivo: quasi quasi il mio sonno continua mentre lascio che gli stewart di terra ci conducano gentilmente al nostro gate.
Il volo per Nairobi è quanto di meno variegato potessi trovare: no no, non sono tutti neri. Speravo in un primo assaggio di Africa nera già sul volo e invece mi ritrovo circondata da italiani, molti dei quali giovani e volontari come me. Ad ogni modo, dimentico presto quanto osservato e di nuovo mi risveglio ormai a Nairobi: rapido check del visto alla dogana, altrettanto rapido ritiro dei bagagli... allungo la testa verso l'uscita mentre cambio degli Euro in Shilingi e, giubilo! temevo di non trovare nessuno ad aspettarmi, Kithinji è lì, con un bel cartello con il mio nome in compagnia di Daniel.
Attendiamo Emanuele e Giacomo che saranno i miei compagni a Matiri nei prossimi giorni (eravamo sullo stesso volo ma nessuno era a conoscenza dell'esistenza dell'altro) e ci dirigiamo in auto verso l'uscita della città: siamo stanchi, ma nessuno vuole chiudere gli occhi, un po' per l'eccitazione, un po' per via di Kithinji che non chiude la bocca un secondo tra aneddoti e brevi lezioni di Swahili. Giacomo non capisce, ma sorride e fanno cenno di si con la testa... si lascia incantare da questo personaggio vivace che sprizza energie da tutti i pori alle 5 di mattina.
La città alle spalle, davanti a noi Matiri e l'ospedale e tutto quello che non conosciamo e siamo lì per scoprire. L'Africa ci dà il suo benvenuto e in alto di fronte a noi, una palla rossa di fuoco si alza rapidamente nel cielo rischiarandolo dall'oscurità notturna: uno spettacolo immenso tra i più belli che questa terra possa regalare, lei, che incanta e schiaccia il nostro sguardo abbagliato e impotente di umano che consapevole, si arrende di già di fronte alla maestosa e invincibile Natura africana.

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