Sono 200 i km che ci apprestiamo ad affrontare, per raggiungere il Tharaka Hospital, quella che costituirà la nostra casa per le prossime settimane e ancora, non lo sappiamo, oltre.
Una lunga strada sconosciuta in una terra altrettanto sconosciuta per tutti e 3 che negli occhi assieme alla stanchezza portiamo curiosità ed eccitazione. La strada asfaltata addolcirà
E’ presto, ma uscendo da Nairobi la vita non cessa di manifestarsi nelle sue attività quotidiane, qui molto poco frenetiche, ma cariche del significato della sopravvivenza: via via che procediamo nel viaggio, i paesaggi incredibilmente differenti tra loro, sono musicati dalle persone affaccendate nei mercati, sul ciglio della strada, nei campi che di tanto in tanto s’incontrano, sulle soglie di casa. Ai piccoli villaggi si alternano zone meno abitate e qualche città più grande: una di queste Embu, ci viene segnalata da Kithinji, come una zona estremamente pericolosa, Se la macchina va in panne qui, dice ridendo, scappate, allontanatevi nel bush e non fatevi trovare: per rubarvi i pantaloni qui vi potrebbero uccidere! Dove c’è sviluppo e benessere aggiunge il mio autista al ritorno verso Nairobi terminato il mio volontariato, c’è criminalità.
Ma è a Embu che ci fermiamo per la prima colazione: un bar deserto e piuttosto grande, con tavolini di legno, un bancone con la sola cassa e un piccolo lavandino per lavarsi le mani ci propone caffé, tè e madazi, una focaccia di farina acqua e zucchero cotta in olio bollente,
Ovunque, persone cariche di beni di sussistenza, taniche gialle per contenere l’acqua, beni di ogni genere camminano senza sosta ai lati della strada: percorsi lunghi e polverosi che segano le gambe e anche l’anima in cerca di un sollievo che sia cibo o altro. Le donne sono più frequenti negli avvistamenti, fanno il lavoro duro qui, i piedi stanchi e le spalle curve sotto il peso della merce. Anche i bambini sono numerosi… Chissà quanti km percorrono per raggiungere la scuola, ora che il sole sta salendo e comincia a scaldare. Qualche bicicletta, anche delle moto – i Piki Piki, sono utilizzati spesso anche come servizio taxi su due ruote – e la nostra prima scoperta di un detto keniano: Matatu ne matata, il matatu è un problema, come afferma scuotendo
C’è poco spazio sul nostro pulmino ma Kithinji si ferma a raccogliere una donna anziana che percorre la strada chissà verso dove: ci dice, che sicuramente starà raggiungendo il villaggio vicino (vicino, una parola grossa) per cercare del lavoro e dare da mangiare ai figli. E’ provata e la strada che intende percorrere è incredibilmente lunga per noi che abbiamo il sedere sempre appoggiato al sellino dello scooter o al sedile della macchina: quest’anno, l’area sta soffrendo di un’insolita siccità e anche quel poco che qui si raccoglieva grazie alle piccole colture, ha subito dei grossi danni. Si, la fame c’è, inutile lasciarsi ingannare dall’estremo sforzo energetico di questi viandanti.
Nessun commento:
Posta un commento