venerdì 18 settembre 2009

Kitheri

Questo post è dedicato a tutti quei maligni che hanno sperato di vedermi ritornare con qualche chilo in meno della mia preziosissima ciccia di qualità dall'Africa.
Previsione tutt'altro che corretta: alla 'Casa del Tamarindo' la cucina era ottima e Margareth & Margareth, cuoche locali provette, ci viziavano ogni giorno con pane fatto in casa, pasta, pollo ruspante e chi più ne ha più ne metta. Un giorno sono persino riuscita ad assaggiare le loro famosissime polpettine, una delizia!
Ma tra tutto era il Kitheri che stimolava di più le nostre papille gustative: la zuppa di fagioli e mais che per loro è un piatto comune e fin troppo frequente, per noi era una vera festa per il palato e la sperimentavamo con il riso, il pane, raddoppiavamo le razioni, curiosavamo nelle pentole sul fuoco per vedere se il menu di quel giorno prevedeva la magnifica zuppa speziata.

E come privare voi di tanta bontà? non ho mancato di portare con me la 'segreta' ricetta della 'Zuppa della felicità' come la chiamo io.
Eccola qui.
Buon divertimento e buon appetito ;-)

KITHERI
1/2 kilo Malarugwe
1/2 kilo Maindi

Chumvi + manukato, kitunguu karote (3) viazi tano, nyanya (5) mafuta ya kupikia.

Jinzi ya kupika

Chukua mahindi na maragwe na nchanga nye pamoja. Osha vizuri mchanganyika mpaka uwe msafi.
Chukua maji lita (4) alafuku nunka kwa nyungu yenye utapikia na uweke yale mahindi na maharagwe oliuska.
Weka kwa jiko kwa masa mawili. Badaye chukua kitungu y ukaange na mafuka. Chukua viazi, nyanya karote halafu ukata vidogo vidogo na uweke kwa kitugu pamoje na chumvi na upilce - pia weka manukato yalco. Badaye tie kitheri pia pomoja.




lunedì 14 settembre 2009

Del Tharaka Hospital o almeno di quanto riesce ad introdurlo

La prima cosa che scorgi entrando a Matiri è l’ospedale. Sorprendono le bouganville fiorite nel deserto di terra rossa e sassi, che sbucano dal muro di cinta della struttura ospedaliera, un semplice agglomerato di rettangoli in muratura, curato e ben tenuto che apre i suoi cancelli al momento del bisogno, a malati giunti a piedi (talvolta si tratta di giornate di viaggio) o trasportati dall’ambulanza, e a noi, stanchi e impolverati.

Non c’è riposo: la curiosità è il motore instancabile di un’energia che esplode dai pori della pelle e ci guida fino all’ospedale per l’esplorazione, dopo aver rapidamente lasciato i bagagli alla ‘Casa del Tamarindo, la NOSTRA casa.

Salendo sono le narici a fare una prima esplorazione sensoriale di questo nuovo luogo e vengono sorprese da un forte odore che pare zolfo e che nei giorni successivi si ripresenterà nei più svariati momenti del giorno e della notte, portato dal vento, il nostro sollievo al caldo sole africano.

Chiara, l’ostetrica fiorentina e amica di Giacomo ed Emanuele, ci accoglie all’ingresso e subito ci porta in pediatria il luogo più colorato dell’ospedale, decorato da variopinti disegni alle pareti e dai sorrisi musicali dei bambini.

Pamela e Anna – la prima maestra d’asilo e la seconda neuropsicologa infantile – si muovono agilmente tra i bambini, che le riconoscono, le chiamano per nome e cantano con loro canzoni, che siano in italiano o in kitharaka.

Sono piccole scimmiette vivaci che guardano con curiosità i nuovi arrivati, li assillano di già, Caramella! Caramella!, con le frequenti richieste, e lamentano la partenza di altri volontari, che ricordano e che sono già passati di lì.

Si, perché molti di questi bambini sono degenti da settimane. Diverse le ragioni: chi vive lontano e per una semplice medicazione periodica deve restare, chi non è ancora guarito e chi più sfortunato ha una grave malattia, chi non ha i soldi per pagare l’ospedale (costa 1 Euro al giorno per la degenza più le cure mediche… hmm, cifra ridicola? Non molto se si pensa che uno stipendio medio lì è proprio di un euro al giorno e praticamente tutti lavorano solo saltuariamente) e chi, come Jane, è stata ‘dimenticata’ lì dalla madre per 3 mesi, che vive lontana e non ha soldi, e si lacera la ferita al piede procurata dal morso di serpente perché ‘non vuole guarire’, non vuole tornare a casa.

C'è di tutto qui, perchè fare un macabro elenco di quanto male abbiamo visto... Eppure... Eppure non si smetteva un attimo di correre avanti e indietro, di rispondere alle richieste delle scimmiette che volevano sempre qualcosa da fare, che volevano 'avere' da te, una penna un foglio, un palloncino, la tua macchina fotografica, che ti prendevano per mano e ti trascinavano avanti e indietro nel corridoio, che ti saltavano in groppa senza sosta - Candy era fenomenale in questo, ti sarebbe sempre stata in braccio ma con i suoi 3 anni nei panni della poppante proprio non ci stava bene - o si divertivano a farti i dispetti mentre eri impegnato in altro.

Non un minuto, non un minuto dal nostro ingresso in pediatria venivamo dimenticati da questi bambini: uno o l'altro, sempre attorno a cercarci e a curiosare, vedere cosa avremmo portato loro quel giorno. Un sorriso oggi Monene, ti basta? Certo non lenirà il tuo male ma oggi questo è quello che ti posso offrire...

E' uno strano universo quello della pediatria dove accanto ai bambini bazzicano le madri o i padri per lo più noncuranti dei bisogni dei figli ma anch'essi curiosi della presenza dei wazungi e anch'essi sempre a chiederti dalla maglietta a che tipo di trattamento chimico hai utilizzato per fare i capelli sooooooo smooth!!! e quanti anni hai, famiglia, figli, marito, fratello, sorella... a voler sapere della famiglia soprattutto, il loro nucleo vitale, tanto importante da non porter pensare che tu a 32 anni non ne abbia una!

Fine della nostra introduzione: qui, noi lavoreremo per le prossime settimane. Ancora non abbiamo ben chiari i nostri compiti ma è certo che sarà meraviglioso svegliarsi al mattino con il pensiero dell'accoglienza di questi occhi e di questi sorrisi.

Tuonane, a domani.



martedì 1 settembre 2009

Mwithi

Che confusione! Cercare di dare ordine alle storie, ai momenti, alle sensazioni, ai ricordi... Puah! La memoria è UNA e quando un'immagine si fa strada con violenza nella testa devi lasciarle spazio anche se alla 'cronologia dei fatti' non piace. I ricordi guizzano e sono taglienti come lame: gli occhi di Mwithi oggi si sono aperti un varco nella mia giornata e da ore sono lì che aspettano che manifesti questo nuovo incontro in qualche modo.

Mwithi, ti rivedo oggi nelle foto di Mwende e non posso che sospirare di sollievo: il viso finalmente sgonfio, i capelli sono meno radi e soprattutto, sei seduta! sul grembo di tua madre.

Mi sono arrabbiata con te.

Dal letto di Matzuki sul quale ho passato un pomeriggio intero sdraiata con una lavagnetta magica a farlo giocare - lui che a sukuru (scuola in kitharaka) non ci poteva andare perchè era 'appeso' a causa di una frattura o una lussazione... non lo so. So solo che per me quando l'ho sentito piangere dall'altra stanza non cambiava nulla. Per me era solo un bimbo che piangeva da solo legato ad un letto - ti guardavo, sdraiata di lato con la manina poggiata sotto la testa e gli occhi fissi inespressivi... e quelle mosche, che chissà perchè sceglievano proprio te come punto d'appoggio. Una caramella, una carezzina sul viso - ma che impressione toccare un corpicino che l'anima quasi non ce l'ha già più! - e una domanda: perchè? Perchè Mwithi così piccola hai già rinunciato alla vita?

She is refusing to eat, hanno detto le altre mamme della stanza, la tua sorrideva appoggiata allo stipite mentre mi osservava seduta accanto a te. Sorrideva, ma io pensavo che avrebbe potuto, DOVUTO fare di più. Sarebbe bastato anche sollevarti di lì o cambiare la tua posizione perchè un raggio di sole ti colpisse il viso entrando dalla finestra sopra il tuo letto, o anche solo per pulirti visto che da delle mezz'ore avevi i pantaloncini inzuppati di pipi.


Forse non sono più arrabbiata: lo sguardo nelle foto è vivace, pare tu stia seguendo il bingo in atto, chissà che confusione ed eccitazione in pediatria!
Hai forse lasciato che l'ossigeno ti entrasse di nuovo nei polmoni dando finalmente un ritmo al tuo respiro, hai forse allungato la mano per un po' di porridge e richiesto attenzione quando eri stanca di stare nel letto?
Forse questo è stato il tuo timido si alla vita... E mo', vediamo che succede...







Credits fotografici: Mwende.